LA STORIA DELLA PSICOLOGIA ITALIANA IN UN DOCUMENTARIO
Le conquiste della professione si intrecciano con le vicende storiche del Paese Proiettato a Napoli e a Paestum in concomitanza con le celebrazioni per il 70esimo anniversario delle Quattro Giornate
“L’unica rivoluzione che possiamo ancora fare è quella della psicologia, che ha al centro la cosa più importante per noi, la psiche, che ragiona, pensa, ama ed è alla base della nostra identità personale”. Le parole dell’ex ministro e vicepresidente del Senato Adriano Ossicini aprono il documentario ‘La psicologia italiana raccontata a mia figlia’, curato dal Consiglio dell’Ordine nazionale, con la regia di Lorenzo Cioffi e la sceneggiatura del presidente dell’Ordine campano, Raffaele Felaco.
La pellicola verrà proiettata venerdì a Napoli nel corso del congresso nazionale Aip e sabato a Paestum, in chiusura del congresso organizzato dalla Società italiana di Psicoterapia, in concomitanza con le celebrazioni per il 70esimo anniversario delle Quattro Giornate di Napoli.
Un intreccio non casuale tra la storia del Paese e quella della professione, accomunate da battaglie, sconfitte e conquiste fondamentali. Un intreccio che ha caratterizzato anche la vita di Ossicini, che dopo un lungo travaglio ha condotto in porto la sua rivoluzione professionale con l’approvazione nel 1989 della legge che ha istituito il ruolo dello psicologo e che porta il suo nome, dopo essere stato in prima linea negli anni della Resistenza contro il nazifascismo, difendendo Roma e ponendo le basi con Franco Rodano per quello che diventerà il Movimento dei Cattolici Comunisti. “Il ritardo con il quale si è arrivati a questa legge – spiega nel documentario – ha radici culturali, per la presenza in Italia di due grandi tradizioni storiche, una psichiatria di carattere organicistico e un grossa filosofia di tipo idealistico, entrambe importanti, ma che davano un giudizio sostanzialmente negativo della psicologia scientifica. Gli aiuti in Parlamento sono stati pochi, ma grazie alla mia carica istituzionale ho avuto la possibilità di far ascoltare ai colleghi i contributi culturali di tecnici di altissimo valore, come Basaglia, Bollea o Musatti, che ne hanno fatto comprendere il valore ai parlamentari”.
Il documentario ripercorre le tappe fondamentali della storia della psicologia attraverso le voci dei padri della professione, intervistati da Felaco. Dalle loro parole emerge la stretta relazione con gli eventi storici del ‘900 in Italia. “Durante il fascismo – racconta Marcello Cesa Bianchi, presidente emerito del Collegio dei docenti e dei ricercatori delle discipline psicologiche nella facoltà di Medicina dell’Università di Milano – la psicologia fu esautorata per ragioni filosofiche, politiche, accademiche (rimasero operative solo due cattedre), sia per iniziative nel campo sociale, educativo, lavorativo o giuridico. Erano gli anni in cui la disciplina era vista dai medici come il divertimento durante l’ora del tè e da lì si è partiti per costruire un’idea della psicologia non come presupposto per la soluzione di tutti i problemi, ma come apporto a rivedere le situazioni patologiche della persona e ad affrontare i problemi essenziali come quello della nascita e della morte”. "Pesava anche la presenza di “correnti di natura ideologica che ne hanno condizionato lo sviluppo – sottolinea Luciano Mecacci, docente di Psicologia generale all’Università di Firenze – la forte presenza del cattolicesimo, la filosofia idealista, il marxismo e il ruolo del partito comunista nell’organizzazione delle professioni nella seconda metà del ‘900 e nella scrittura di alcune leggi, che avevano a monte una tradizione di condizionamenti politici e sociali”. Dall’approvazione della legge del 1989 si arrivò all’apertura dei corsi di laurea e all’istituzione della prima facoltà di Psicologia alla Sapienza di Roma, con l’importante contributo di Mario Bertini, che è stato preside dal 1991 al 1994. “Dall’idea della Psicoterapia come competenza esclusiva dei medici – ricorda – siamo arrivati al concetto di salute intesa non più come assenza di malattia, ma come stato di benessere psichico, biologico e sociale, come riconosciuto oggi anche dall’Oms”. Tra gli esempi di applicazione pratica delle teorie psicologiche nel documentario si accenna alla ricerca collegata a molti istituti europei, realizzata in collaborazione con la Ceca e ancora attualissima. “Collaboravo con il professor Gustavo Iacono – racconta nel documentario Giulia Villone Betocchi, docente emerito di Psicologia alla Federico II di Napoli – che organizzò uno studio innovativo sul tema della protezione degli incidenti sul lavoro, con un lungo periodi di osservazione partecipata sugli operai dell’Ilva di Bagnoli”.
Dalla storia del Paese alle prospettive future della professione si arriva con la testimonianza di Renzo Canestrari, professore emerito dell’Alma Mater di Bologna e decano della facoltà medica. “L’entusiasmo per la psicologia sperimentale – dice nell’intervista – mi portò a leggere un opuscolo che scoprì a Bologna quando arrivarono dalla Sicilia le Forze Alleate e, con loro, un’agenzia culturale. In quel testo, fondamentale nel mio percorso, si parlava dell’immaginazione, della percezione, delle emozioni. Prendendo spunto da quella curiosità, invito le nuove generazioni a nutrire grande amore per la letteratura, la storia e per il sapere generale, perché quando un paziente ci propone dei quesiti con la sua sofferenza, la risposta va pescata dentro di noi, in un bagaglio molto vasto che non può essere solo tecnico”.
“Il documentario racconta un viaggio nella storia della psicologia – spiega Felaco – per curarne la memoria. Incontrare amici e personalità che hanno costruito la struttura della professione nel nostro Paese ci ha restituito quei fermenti culturali delle epoche e delle città sui quali si fonda la psicologia italiana. Un’operazione della memoria per rinvigorire le radici che alimentano lo sviluppo dell’albero della psicologia”.
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Ultimo aggiornamento
30 Settembre 2013, 00:00
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