VIOLENZA DONNE: PSICOLOGA: METODO ‘SARA-S’ PER PREVENIRE FEMMINICIDI
Focus con Anna Sorrentino, psicologa, ricercatrice e docente di Psicologia giuridica e investigativa presso l’Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’.
Quale sarà il tema al centro del suo intervento?
“Mi soffermerò sul fenomeno dell’Intimate Partner Violence, ovvero della violenza tra
partner, analizzando poi alcuni approcci utili a valutare e prevenire il rischio di recidiva e
violenza tra partner, tra cui c’è anche il metodo Sara-S”.
Dove nasce e dove viene utilizzato il metodo ‘Sara-S’?
“Il metodo Sara-S, acronimo di Spousal Assault Risk Assessment – Screening, è stato
messo a punto in Canada ed è molto utilizzato negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei,
soprattutto Svezia e Scozia”.
Come mai non è così diffuso in Italia?
“Il metodo Sara-S è stato inserito nel Piano nazionale antiviolenza e c’è l’indicazione di
utilizzarlo nei Centri antiviolenza. Va detto innanzitutto che questo metodo richiede una
formazione specifica da parte degli operatori e quindi non può essere utilizzato da
chiunque. A questo va aggiunto che ci sono degli approcci teorici diversi al fenomeno,
alcuni dei quali non si conciliano con l’uso di questo strumento. La versione italiana si
discosta da quella canadese, ma la finalità resta la stessa, ovvero avere uno strumento
che, con un’adeguata formazione, possa consentire una comunicazione efficace tra gli
operatori che si occupano di gestire la donna vittima di violenza”.
Entriamo nel merito del metodo Sara-S. Quali sono i vantaggi del suo utilizzo?
“Nell’ambito di una relazione ci possono essere dei comportamenti, per esempio per
esempio i cosiddetti ‘campanelli d’allarme’, che in alcuni casi vengono sottovalutati e non
riconosciuti come un segnale di una possibile violenza. Il metodo Sara-S, come altri
modelli, servono per la valutazione di questo rischio. Analizzando diversi fattori, un
operatore adeguatamente formato, valuta la possibilità di escalation di comportamenti
violenti nei confronti di una donna, stabilendo se c’è la possibilità di escalation, fino al
rischio cosiddetto fatale, cioè del femminicidio. Si tratta di informazioni preziosi per fare
prevenzione, allertando anche le forze dell’ordine e mettendo in atto le misure di
allontanamento”.
Questo metodo potrebbe essere ancora più utile durante la pandemia?
“Ritengo che questo approccio sia utile sempre, quindi anche nelle situazioni in cui la
donna è costretta a restare a casa e può avere maggiori difficoltà a contattare un Centro
antiviolenza o le forze dell’ordine. È uno strumento che consente di prevenire, facilita la
comunicazione tra diversi operatori e, nei casi di rischio fatale, dà la possibilità di salvare
la vita. Non mi soffermerei solo al periodo della pandemia, perché quando questa
emergenza sanitaria sarà passata ci sarà un sommerso ancora grande rispetto al periodo
per-Covid”.
Ufficio stampa Ordine Psicologi Campania
Elio Tedone
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Ultimo aggiornamento
13 Gennaio 2021, 00:00
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